Confessioni di una maschera #3

Avevo pensato di riaprire il blog dopo la pausa estiva con uno dei miei tipici post “del rientro”, uno di quelli in cui sono solito illustrare progetti futuri recriminando contestualmente di non essere riuscito a onorare quelli passati. Li conoscete bene, quei post, visto che ogni qual volta se n'è presentata l’occasione non ve ne ho mai risparmiato uno. Una volta tanto, però, mi sono detto: “basta”! Ecchecavolo! Se mi sono annoiato io, mi sono detto, figuriamoci che tedio deve provare chi passa di qua come visitatore. Ho deciso quindi di aggirare il problema entrando direttamente nel vivo del blog, come se non ci fosse mai stata una pausa estiva.
Giusto due righe introduttive valeva però la pena di scriverle, sfruttando magari quel piccolo spazio iniziale che ho riservato a me stesso nei “Traditi dalla fretta”… ma anche quella rubrica è stata più che mai abusata ultimamente. Non mi rimaneva quindi che riportare alla luce le “Confessioni di una Maschera” e utilizzare quel contenitore per i saluti e i ben ritrovati. Così è stato.

"Noi tutti moriamo ridendo nel fuoco" 

Rispolverare “Confessioni di una Maschera” dopo oltre quattro mesi è stata anche una scelta obbligata in quanto così, per caso, o forse per divina volontà, dalle pieghe del tempo è saltata fuori una mia vecchia agenda risalente a trent’anni fa, una “Smemoranda” per essere precisi, che era poi uno degli imprescindibili must dell’epoca. Tra le tante sciocchezze che scrivevo nel lontano 1990 (e che comunque mi ha fatto piacere rileggere, non senza un pizzico di vergogna), mi sono subito saltate agli occhi alcune frasi riportate qua e là, citazioni provenienti da chissà dove e utilizzate per riempire delle mezze paginette che, in mancanza, sarebbero rimaste desolatamente vuote. Ne ho presa una a caso, quella che mi incuriosiva di più, ed eccola qua. Se quella frase fosse saltata fuori in un qualsiasi momento a caso del mio passato non sarei mai stato in grado di risalire alla sua fonte, ma oggi, alla soglia del 2020, non è difficile googlarla e ricostruire l’intera faccenda. “Noi tutti moriamo ridendo nel fuoco”, traduzione letterale di “We all die laughing into the fire”, è un frammento di testo di "Siamese Twins", una vecchia canzone dei Cure apparsa nell’album Pornography del 1982.


Siamese Twins rappresenta uno dei vertici compositivi del Robert Smith autore, uno dei brani più amati dai fan di vecchia data e, contemporaneamente, uno dei meno conosciuti della band (anche perché il gruppo non lo propone quasi mai nelle sue performance live). È la storia del dolore per un amore finito che, dopo essersi soffermata brevemente su ciò che è stato, si getta a capofitto nel presente, spazzando via i classici sentimenti quali afflizione, malinconia o disillusione. "Siamese Twins" è odio allo stato puro, rancore, risentimento. “In the morning I cried / Leave me to die / You won't remember my voice / I walked away and grew old / You never talk / We never smile / I scream / You're nothing / I don't need you any more / You're nothing!" 

Non c’è da stupirsi quindi che Robert Smith non l’abbia più voluta interpretare in pubblico visto che, nell’ipotesi che la canzone si ricolleghi a un episodio autobiografico, certi versi risultano davvero troppo forti per continuare a sopravvivere a quarant’anni di distanza. 
Sulla presenza di quella frase all'interno di una mia vecchia agenda non ci sono grossi misteri su cui indagare, visto che in quei giorni sulla mia vita soffiava il vento del cambiamento dopo un paio di anni di relativa serenità sentimentale. Se devo essere però sincero, non saprei perché scelsi proprio quella frase anziché una qualsiasi altra. Trent'anni dopo sono ormai sbiadite anche le ultime sensazioni e di quel tempo non mi rimane nulla, se non una vaga sensazione di disagio. In quella canzone c'è per esempio un'altra frase notevole, tra l'altro piuttosto spiazzante e, per come la vedo adesso, molto più adatta a una situazione del genere: "Is it always like this?", una domanda che Robert Smith si pone al termine del brano e che pare voglia trasmettere la morte definitiva della speranza.
Covavano in me sentimenti di odio, rancore e risentimento? No, non credo. O forse sì. Davvero non saprei più dirlo. Sono piuttosto convinto che andavo a pescare frasi in maniera totalmente casuale. I testi delle canzoni dei Cure erano una fonte anche piuttosto scontata, per come ero io in quegli anni, così come scontata era la consuetudine di prelevare brani dalle opere di Baudelaire e da tutti gli altri Poètes Maudits che andavano tanto di moda a quei tempi (li avevo comprati tutti i loro libri ma, adesso posso finalmente confessarlo, non li ho mai letti veramente, visto l'uso che ne facevo).
Ciò che mi chiedo invece è cosa volesse dire Robert Smith con Noi tutti moriamo ridendo nel fuoco”. Mi pare sia abbastanza noto che il fuoco, così come il colore rosso, rappresenta le passioni, specialmente l'amore e la collera. Il dubbio, se vogliamo, è quel "morire ridendo", sul quale, per quanto mi possa sforzare, non riesco a elaborare alcun significato, se non quello che richiama gli antichi riti di purificazione che avvenivano per mezzo del fuoco, generalmente riti di passaggio caratteristici delle culture agrarie. Un rito di passaggio che, tuttavia, fa a pugni con quel "Is it always like this?" del finale. A meno di non rileggere tutto in una chiave diversa, meno negativa. "Is it always like this?". "No, non è sempre così. Può essere diverso, anche molto diverso". Crescendo l'ho poi imparato. Robert Smith, a maggior ragione visto che ha qualche anno più di me, oggi lo sa per forza altrettanto bene. E allora viene da chiedersi perché quella canzone ancora venga suonata così raramente...

Commenti

  1. Pezzo stupendo, l’unico modo per migliorare era crearci attorno la riflessione che hai fatto, che letta con la voce di Smith in cuffia va la sua gran figura. Ottimo ritorno dopo le vacanze direi ;-) Cheers!

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    1. Con la voce di Smith è sicuramente tutta un'altra cosa! E quello che io posso ricamarci sopra aggiunge poco... ^_^

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  2. Io i Cure li ascoltavo e li considero una delle poche band da ricordare degli anni '80, però in effetti questo brano non sopravviveva nella mia memoria.
    Che dire, morire tra le fiamme ridendo è una cosa che riesce facile a un giovane. Credo sia per questo che Robert Smith non la canti più...

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    1. P.S.: ovviamente buon rientro dalla pausa estiva ;-)

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    2. Anch'io questo brano lo avevo rimosso dalla memoria. Probabilmente perché ho sempre preferito ascoltare le loro performance live...
      Grazie per il "buon rientro"! ^_^

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  3. Bentornato!
    E quanti ricordi con la Smemoranda.
    Sciocca come sono, però, non ne ho conservata nemmeno una.
    Ma nel cuore ci sono tutte..

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    1. A me è sopravvissuta solo quella, anche se probabilmente è stato un caso fortuito. La Smemoranda ovviamente è quella nel formato originale... in seguito hanno iniziato a farle "pocket" ma quelle non mi sono mai piaciute.
      Per curiosità, anche tu le riempivi di citazioni di Baudelaire et similia?

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    2. Ma quale Baudelaire??
      Ero molto meno profonda.
      Barzellette scambiate tra i compagni. Firme, dediche. Messaggi d'amore in codice rivolti al ragazzo della cottarella di turno e tanti disegni fatti dalle mie amiche fumettiste. Io son sempre stata negata col disegno.

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    3. Non ero affatto profondo. Millantavo di esserlo. ^_^

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  4. Magari la suona poco perché gli piace poco , non sarebbe il primo.
    Morire tra le fiamme , l'amore di cui parla se è finito perché brucia?
    Ridendo ... forse perché conviene fottersene.
    Forse è l'unica maniera per uscirne da questo amore che continua a fargli male.
    L'odio e il rancore son la soluzione ,odiare per non morire dentro.

    Ma eri un dark?
    Se scrivevi una frase tipo I WANT YOUR SEX nell'agenda sicuramente facevi meno fatica a ricordarti il motivo per cui l'avevi scritta ;)
    Bentornato a te e alla tua metà.

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    1. Non mi sono mai legato ad una moda o ad un genere musicale particolare, per cui no, non ero un dark. Ascoltavo i Cure, i Sisters of Mercy e qualcosa degli Echo and the Bunnymen e dei Jesus and Mary Chain. Non sono invece mai riuscito a farmi piacere i Joy Division, i Siouxsie o i Bauhaus. E nemmeno mi piaceva andarmene in giro vestito di nero e con l'aria malinconica... Ammetto però che le ragazze dark non mi lasciavano affatto indifferente...
      Morire nel fuoco può ragionevolmente riverirsi all'amore, piuttosto che a noi stessi; e la tua interpretazione del "ridere" potrebbe avere un senso. Io mi immaginavo le fiamme dell'inferno ma l'immagine non mi ha mai convinto del tutto.

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  5. Dai, perlomeno nella tua Smemoranda non scrivevi frasi dettate da amori impossibili e tormentati che manco Leopardi come il sottoscritto, o frasi inflazionate di Jim Morrison a pacchi.
    Comunque bentornato!

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    1. Le frasi di Jim Morrison erano troppo conosciute. Preferivo nettamente lasciare, ad eventuali lettori non autorizzati, il dubbio di chi fosse l'autore...

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  6. Ben tornato in attività e stupendo, il ricordo della citazione trovata in diario (o agenda) ^_^

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    1. Questi reperti, usciti da chissà dove, sono delle fonti incredibili di spunti per il blog! Grazie per la (ri)accoglienza! Sono stato assente qui e anche (soprattutto) sui blog come il tuo e un po' me ne dispiaccio. Vedrò di tirarmi su le maniche e recuperare il tempo perduto...

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  7. Nemmeno io mi ricordo di quella canzone specifica...e se coi mezzi di oggi tu provassi a contattare il vecchio Robert e a chiedergli se si ricorda cosa voleva dire con quel verso?

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