Phantasm III: lord of the dead

Nonostante la lunga attesa e il palpabile entusiasmo per il ritorno del Tall Man sul grande schermo, il secondo capitolo di Phantasm non ebbe un eccellente riscontro al botteghino. Perlomeno il riscontro non fu quello che la Universal si attendeva, così quando sei anni più tardi venne alla luce il terzo capitolo la voce “spese” era ritornata ad essere praticamente tutta sulle spalle di Don Coscarelli, che dovette mettere mano a tutti i suoi precedenti guadagni per poter regalare ai fans una nuova “fantasmatica” avventura.
Sebbene il budget fosse comunque nettamente superiore a quello del primo capitolo, gli spettatori più attenti non poterono fare a meno di notare gli innumerevoli stratagemmi messi in atto per risparmiare qualche soldo qua e là: la colonna sonora, per dirne una, non cambiò di una virgola (mentre, come succede abitualmente, anche se il tema rimane sempre uguale, nuovi arrangiamenti vengono introdotti di capitolo in capitolo).
Phantasm III: lord of the dead”, lo diciamo subito a scanso di equivoci, per chi scrive rappresenta il punto più basso della saga. E non solo: se già “Phantasm II” aveva fatto storcere il naso a qualcuno, questo “Phantasm III” riuscì a far imbestialire anche molti dei fans più accaniti. Una sceneggiatura inverosimile, dei dialoghi imbarazzanti, l’introduzione di nuovi personaggi fuori da ogni grazia di Dio avrebbero davvero potuto decretare la definitiva morte della serie. Fortunatamente non andò così e quattro anni più tardi, con “Phantasm Oblivion”, Coscarelli sarebbe tornato (quasi) agli entusiasmanti livelli del 1979. 
Ma questa è una storia di cui parleremo nei prossimi giorni qui sul blog. Oggi è il giorno in cui si parla di “Phantasm III” e, dannazione, qualcosa di buono riuscirò pure a farlo saltare fuori alla fine, no?

Da dove cominciare? Vediamo... il cast! Angus Scrimm e Reggie Bannister erano ormai imprescindibili e infatti li ritroviamo intatti, solo un po’ più invecchiati, in questo terzo capitolo. James Le Gros, l’attore che fu imposto a Coscarelli dalla produzione sei anni prima, non venne riconfermato e al suo posto, nella parte di Mike, ritroviamo un volto storico, quello di Michael Balwin, che già aveva interpretato il Mike tredicenne del 1979. 
È un Mike decisamente migliore quello ritroviamo in “Phantasm III”: il suo personaggio, ormai adulto, è malinconico, riflessivo, quasi perso tra le sue fantasie, in poche parole molto più in linea con il mood del capitolo originale. Coscarelli, che evidentemente aveva ripreso il controllo totale della situazione, richiamò anche l’altro grande assente di “Phantasm II”, vale a dire Bill Thornbury, a cui venne riassegnata la parte di Jody (nota: il fatto che Jody fosse morto alla fine del primo capitolo venne ritenuto un dettaglio secondario). 

Forse allo scopo di strizzare di nuovo l’occhio al mainstream, al gruppo storico si aggiunsero Gloria Lynne Henry nella parte di Rocky, una ragazza afroamericana esperta di arti marziali a metà strada tra Grace Jones e Blade, e Kevin Connors nella parte di Tim, un ragazzino talmente odioso che lo spettatore inizia a sperare possa morire ammazzato già cinque minuti dopo la sua prima apparizione.

La storia inizia esattamente dal punto in cui si era interrotta alla fine del film precedente, ma lo fa spiazzando immediatamente lo spettatore con una serie di incredibili contraddizioni. Avevamo lasciato Reggie morente sull’asfalto e miracolosamente lo troviamo in piedi come se nulla fosse, armato del suo classico fucile a quattro canne (un fucile di cui si era liberato tempo prima e che ora, miracolosamente, gli riappare in mano).
Neanche il tempo di versare una lacrima per Liz e si passa subito oltre. Per inciso, della poveretta intravediamo solo una testa bionda staccata dal collo (senza spiegazione alcuna) e scompare immediatamente dalla storia senza lasciare traccia. Non verrà più menzionata, quasi non fosse mai esistita, il che è un peccato visto che, nel secondo capitolo, era stata ampiamente ventilata la possibilità che il suo ruolo fosse ben più importante di quello di una semplice comprimaria.
Lasciamo per un attimo Mike, che non sta passando un bel momento (lo ritroviamo in stato comatoso e poi prigioniero del Tall Man), e seguiamo le vicissitudini di Reggie lungo le polverose strade americane alla ricerca della sua nemesi. Questa è forse la parte più interessante del film: ci troviamo immersi in un’atmosfera quasi apocalittica, tra paesaggi desolati e decadenti città vuote alla “Walking Dead”. 
Reggie metterà insieme uno scalcinato gruppo di “guerrieri” assieme a Tim, il già citato ragazzino, che vive in solitudine in una grande casa riempita di trappole come quelle di “Mamma ho perso l’aereo” (ma un po’ più letali), e Rocky, la ragazza armata di flagello che si negherà ai maldestri approcci di Reggie per tutto il resto del film. Anche Jody rientrerà nel gruppo, ritornando dall’aldilà sottoforma di angelo custode imprigionato in una delle sfere del malvagio becchino. Se poi ci infiliamo dentro anche tre zombi bislacchi abbiamo chiuso il cerchio. Nemmeno il Tall Man, se vogliamo proprio dirla tutta, si salva dallo scempio di questo terzo capitolo, parlando troppo e perdendo in tal modo gran parte della sua “allure”.
Un sequel terribile, caricato con troppi personaggi fastidiosi che non aggiungono nulla, una pellicola che oscilla tra momenti splatter e umorismo da quattro soldi, il tutto per raccontare una storia incoerente che non conduce da nessuna parte. È un po’ lo stesso destino che ha avuto “La Casa” di Sam Raimi, un grande cult trascinato nel cesso dai suoi sequel demenziali. 

Ma non è tutto da buttare in questo “Phantasm III”, un film che ha il suo principale motivo d’interesse nel fatto di aggiungere diversi tasselli al puzzle: scopriamo per esempio che le sfere metalliche sono in parte anche organiche, perché contengono il cervello di quei cadaveri che furono trafugati dal Tall Man (i cui corpi, come sappiamo, sono ridotti alla dimensioni di nani privati della coscienza). Bella l’idea, ripresa dal primo film, di utilizzare come scenario dello scontro finale un mausoleo dove il nostro gruppo di improvvisati eroi decide, genialmente, di nascondersi (anche se tutto è reso in modo meno claustrofobico e, di conseguenza, anche meno adrenalinico). 
Ma soprattutto cominciamo a renderci davvero conto che il rapporto di Mike con il Tall Man è molto più profondo di quanto poteva apparire, il che ci spalanca nuovi inaspettati (ed entusiasmanti) scenari. Mike è forse un predestinato, come il Tall Man cerca più volte di suggerirci/gli? Resta un mistero anche il perché il Tall Man, dopo aver rapito Mike, si limiti a tenerlo prigioniero e, quando gli viene chiesto "Fammi uscire di qui" risponda “Tu sai qual'è l'uscita”. C’è qualcosa che non sappiamo di Mike? Oppure è ancora una volta un’insinuazione al fatto che tutto quello a cui stiamo assistendo non è altro che un parto dell’immaginazione di Mike? E ancora: qual è il segreto del Tall Man? Chi è davvero quell’inquietante individuo che nel primo capitolo ritenevamo quasi potesse essere un alieno in cerca di schiavi? Qual è il suo obiettivo, che in questo terzo episodio ci appare più ampio, quasi come se il suo intento fosse quello di conquistare tutti gli aspetti del tempo e dello spazio?
Finale aperto ma che più aperto non si può, che ci prende per mano e ci trascina prepotentemente verso quello che sarà il migliore dei sequel, per spessore addirittura paragonabile al suo capostipite: Phantasm Oblivion!

Commenti

  1. Una delle cose che mi era rimasta indigesta di questo terzo capitolo fu, per l'appunto, la fine di LIz un personaggio che avrebbe meritato maggior fortune e ben diversi sviluppi. L'unica cosa buona di questo terzo capitolo fu il ritorno del cast originale.

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    1. Di cose indigeste ne ho trovate parecchie, però sì, hai ragione. A posteriori rimane un po' di amaro in bocca per l'esclusione, non tanto del personaggio di Liz in sé, bensì dell'idea che Mike possa aver potuto avere una sorta di alter ego femminile.

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  2. Che pasticcio di trama! Il personaggio che muore e risuscita più volte è un classico di certi sequel quando la trama s'ingarbuglia troppo, o un attore vuole lasciare la produzione.

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    1. Un gran pasticcio, è vero. Uno di quei film che si vedono per sbaglio una sola volta e poi si dimenticano. A meno che uno non ci debba scrivere uno speciale...

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