Materializzazione di un mito
In merito al trasferimento del Necronomicon sul piano della realtà oggettiva – vorrei davvero aver avuto il tempo e l’immaginazione necessari a collaborare a un simile progetto - temo sia un compito piuttosto gravoso - soprattutto perché si suppone che il volume ammonti a qualcosa come un migliaio di pagine! Ho preso "citazioni" da almeno 770 pagine o giù di lì. Inoltre, nessuno sarebbe mai in grado di produrre qualcosa che sia terribile e impressionante anche solo un decimo di quanto sarebbe auspicabile. Se qualcuno dovesse provare a scrivere il Necronomicon, questo deluderebbe tutti coloro che hanno rabbrividito persino al più criptico riferimento ad esso. Tuttalpiù si potrebbe - e potrei provarci una volta o l’altra - "tradurre" singoli capitoli del tomo mostruoso dell’arabo pazzo, i capitoli meno terribili, quelli che qualunque essere umano potrebbe leggere senza timore di esporsi all'assedio delle Forme dall'Abisso di Azathoth. Una raccolta di tali estratti potrebbe in seguito essere proposta come un "Necronomicon ridotto e censurato...".
Ci eravamo lasciati un paio di mesi fa con questo brano, estratto da una lettera che Howard Phillips Lovecraft inviò all’allora quindicenne James Blish, ricordate? In quell’occasione scrissi che si trattava della risposta con la quale lo scrittore di Providence replicava all'invito di James Blish a mettere nero su bianco il famigerato Necronomicon, sottraendolo al suo stato di eterno pseudobiblium. L'invito, come avrete letto, fu elegantemente declinato.
Trentacinque anni più tardi, James Blish ritorna sull'argomento citando quella lettera, o meglio, riscrivendo con parole proprie quella risposta, nel suo racconto "More Light". Appare evidente che il proposito di materializzare il diabolico testo dell'arabo pazzo Abdul Alhazred non ha mai del tutto abbandonato lo scrittore statunitense, nonostante il parere contrario del più anziano collega.
Trentacinque anni più tardi, James Blish ritorna sull'argomento citando quella lettera, o meglio, riscrivendo con parole proprie quella risposta, nel suo racconto "More Light". Appare evidente che il proposito di materializzare il diabolico testo dell'arabo pazzo Abdul Alhazred non ha mai del tutto abbandonato lo scrittore statunitense, nonostante il parere contrario del più anziano collega.
James Blish (1921-1975) |
Il brano di "More Light" a cui mi riferisco è il seguente: "La tua insistenza è davvero lusinghiera, ma credo che in realtà sarebbe folle da parte mia scrivere più di un paio di righe del Nekronomikon. Se dovessi farlo, rischierei seriamente di rovinare l'efficacia delle storie che ho basato su di esso. Ho visto almeno un geniale scrittore inciampare in questo modo, e nello specifico Robt. Chambers, che si è dato la pena di scrivere il suo famigerato e infame Re in Giallo (mi riferisco, naturalmente, al dramma teatrale, non al libro esistente), mentre avrebbe molto più facilmente potuto lasciarlo all’immaginazione del lettore. Il dramma è apprezzabile, ma non potrebbe mai essere eccellente o spaventoso come adombrato dalle sue storie. La sua grande fortuna, e la nostra, è che non è mai stato pubblicato, e in questo modo siamo tutti liberi di continuare a sognarlo con terrore senza sapere ciò che dice o ciò che significa.”
Direi che a questo punto è chiaro che le motivazioni rivendicate da Lovecraft nella sua a tratti criptica lettera siano state ampiamente digerite da Blish. Non a torto, l'autore di Providence ha sempre resistito alla tentazione di rivelare di più sul celebre manoscritto arabo (nel testo di Blish il titolo è curiosamente riformulato con l'ausilio di un paio di kappa): farlo significherebbe infatti defraudarlo del suo fascino, sottrarvi quel velo di mistero che lo ha reso unico e inimitabile.
Inimitabile non proprio, per la verità, visto che numerosi altri autori negli anni a venire baseranno la propria "mitologia" su testi scomparsi, solitamente latori di misteri indicibili, le cui radici affondano in epoche dimenticate dal genere umano. Il famigerato "Re in Giallo" citato nell'opera di Robert W. Chambers è naturalmente il più celebre fra questi, ed è proprio sul "Re in Giallo" che l'attenzione di James Blish, a un certo punto della sua carriera, si sposta.
In "More Light" il narratore incontra Bill Atheling, da poco convolato a nozze con l'artista Samantha Brock. Vi ricordate di Bill Atheling, vero? Ne abbiamo parlato pochissimo tempo fa. Insieme i due discutono di Robert W. Chambers e del suo libro, Il Re in Giallo, e Atheling, sorprendendo il suo interlocutore, riferisce di aver acquisito il manoscritto originale, ritenuto perduto, del celebre dramma teatrale. L'opera, a suo dire, gli sarebbe stata recapitata nientemeno che da Lovecraft.
Abbiamo già detto di come "More Light" sia ricco di risvolti autobiografici, vero? E del fatto che il nome Atheling sia spesso stato usato come pseudonimo da Blish? Bene. Atheling, il personaggio, racconta in prima persona dello scambio epistolare avvenuto tra Blish e Lovecraft come se fosse un episodio di fantasia, e nel farlo scende perfino in dettagli che abbiamo visto essere perfettamente aderenti alla realtà. Atheling però si spinge oltre. Decisamente oltre.
Howard Phillips Lovecraft (1890-1937) |
Nel negare l'esistenza del Necronomicon, confermando la sua volontà di lasciarlo allo stato di pseudobliblium, Lovecraft riferisce che un altro libro, ritenuto a sua volta inesistente, sarebbe in realtà conservato da lui stesso nella propria abitazione di Providence. Il manoscritto noto come "Il Re in Giallo", inteso come dramma teatrale e non come l'omonima antologia di racconti, sarebbe stato scritto da Robert W. Chambers in persona, inviato a Lovecraft su richiesta di quest'ultimo e mai restituito.
"Non so davvero cosa fare del Re in Giallo, perché io e Chambers non siamo mai stati intimi e mi ha sbalordito il fatto che mi abbia inviato il testo alla mia prima richiesta - così come la tua, e quella di altri, sul Nekron. eccetera. Credo che il manoscritto che ora ho per le mani sia superbo; eppure, come ho già detto, sarei riluttante a utilizzarlo e vederlo distruggere l’efficacia degli indizi su di esso disseminati nelle sue storie. D'altro canto, è una lezione su come tali indizi non dovrebbero essere interpretati; e contiene molta bellezza, e molto terrore, che non dovrebbero rimanere nascosti. Quello che ho fatto dunque è farlo scrivere a macchina da una giovane signora che esegue per me dei lavori di segreteria in cambio di alcuni piccoli servizi di editing; e te ne accludo una copia carbone, con l'ingiunzione che questo invio non costituisce in alcun modo un diritto alla sua pubblicazione.".
Siamo nel febbraio del 1937. Lovecraft spedisce il manoscritto a Bill Atheling e, solo qualche settimana più tardi, viene ricoverato al Jane Brown Memorial Hospital di Providence, dove gli viene diagnosticato un tumore all'intestino in fase molto avanzata. Cinque giorni dopo, il 15 marzo, alle 6:00 del mattino, lo scrittore si spegne. Una coincidenza che fa di Atheling l'unico depositario dell'esistenza del manoscritto, essendo nel frattempo Robert W. Chambers già scomparso da più di tre anni.
Letteratura e metaletteratura si sovrappongono come non mai, come avrete notato. James Blish pubblica il suo racconto nel 1970 e attribuisce la colpa dei suoi 35 anni di ritardo a Bill Atheling il quale, dopo aver ricevuto il manoscritto, lo ripone in un cassetto e se ne dimentica fino al 1967. Se ne dimentica fino al giorno in cui la casa editrice ACE Books (anche questa citata nel mio post precedente) non decide di ripubblicare l'antologia di Chambers, una ristampa che riscontrerà un vasto successo di pubblico e di critica. Atheling improvvisamente si rende conto di ciò che possiede: l'unica copia di un manoscritto al quale l'antologia omonima fa solo vaghi riferimenti, stuzzicando la fantasia di migliaia di cacciatori di libri scomparsi. Atheling si getta alla ricerca del prezioso manufatto, lo trova, lo apre e…
Robert William Chambers (1865-1933) |
Riesce tuttavia a contattare un suo vecchio amico, il narratore della storia, e gli propone un esperimento. Il testo, gli fa sapere, non è davvero così terrificante come si dice, ma resta il fatto che qualcosa di sinistro aleggi fra le sue pagine. Vi sono ampi indizi che "Il Re in Giallo" sia in grado di portare alla pazzia il malaugurato lettore. Lo stato in cui Atheling si presenta al suo amico dovrebbe essere la prova di tutto questo: pallido, trasandato, gli occhi gonfi come se non dormisse da intere notti.
Non è terrificante, stavamo dicendo, ma procedendo nella lettura, a un certo punto, qualcosa accade. La mente comincia a vacillare. Non è ben chiaro se vi sia un punto preciso in cui ciò avviene. Evidentemente no, visto che Atheling afferma di averne letto più volte dei brani sparsi, inclusa la parte conclusiva, senza particolari controindicazioni. Più probabilmente si tratta di un effetto cumulativo, qualcosa che subentra mentre il lettore avanza nella lettura, o solo dopo un'esposizione prolungata degli occhi a quelle malefiche righe.
Dicevamo di un esperimento: Atheling propone all'amico di iniziare la lettura del manoscritto prestando particolare attenzione agli eventuali effetti che tale attività dovesse causare alla propria mente. Succederà qualcosa? E se dovesse succedere, c'è un punto specifico in cui quel qualcosa accade? Oppure è tutto molto soggettivo? Capita qualcosa, ma non la stessa cosa e non nello stesso punto nel corso della lettura? Si tratta di un esperimento che tutti noi possiamo tentare, visto che James Blish, e questa è la parte più interessante, riporta integralmente il testo del perduto "Re in giallo". Lo tenteremo presto, questo esperimento. Tutti assieme.
Qui su Obsidian Mirror abbiamo iniziato questo viaggio tra gli Yellow Mythos quasi quattro anni fa. Ci siamo posti milioni di domande e solo ad alcune abbiamo trovato delle risposte, peraltro parziali e spesso un po' forzate. James Blish sta per fornirci un'opportunità incredibile: quella di immergerci nel lago di Hali e, attraverso le sue acque, giungere là sulla spiaggia dove onde di nubi si frangono, dove Soli gemelli s’affondano e le ombre si allungano in Carcosa. Là dove strana è la notte in cui sorgono stelle nere e strane lune ruotano nei cieli. Là dove si odono canzoni che le iadi canteranno, là dove s’agitano i cenci del Re, là dove le canzoni muoiono inascoltate nell’oscura Carcosa.
Mi stuzzica. Ammetto che la mia conoscenza sull'argomento è derivata esclusivamente da questa tua serie di post, prima non ne sapevo praticamente nulla.
RispondiEliminaSe mi hai letto sin dall'inizio, adesso puoi vantare una conoscenza ben oltre la media... :-P
EliminaBen detto, tutti assieme. Pazzia comune, mezzo gaudio ;D
RispondiEliminaPotrei mai affrontare questo viaggio tutto da solo? Grazie!
EliminaCi sarò! Dopotutto io sono già matto di mio e da talmente tanto di quel tempo che non dovrei notare nessuna differenza.
RispondiEliminaAllora ti mando avanti a sondare il terreno! ^_^
EliminaHo i brividi a trovare citati insieme così tanti idoli, miti e immagini potenti. Sono già sul primo treno per Carcosa :-P
RispondiEliminaBiglietti, prego! :-P
EliminaQuindi stai per proporci di leggere il famigerato manoscritto e vedere se poi impazziamo davvero?
RispondiEliminaCon me però cascheresti male: ho visto "Sposerò Simon Le Bon" e sono ancora qui a raccontarlo...
Esatto, l'idea sarebbe proprio quella. Vediamo chi sopravvive!
EliminaPS: Ma sai che quel film lo avevo proprio rimosso? Non l'ho visto. Di cosa parlava? No, non dirmelo.
Ah dunque ci attende la prova! :O Tutti insieme, mi infonde coraggio! Ci sarò ;)
RispondiEliminaBene! Più siamo, meglio è!
Elimina